Professor Farronato, avete fatto
l’autopsia alla Sindone. Come vi è saltato
in mente ?
La medicina legale non aveva ancora
detto tutta la sua ed eccoci qui. L’idea
risale a quasi tre anni fa. Condurre un
studio anatomico accurato dell’impronta
sindonica a partire dalle istantanee
scattate da Secondo Pia nel 1898 da cui
risultò che l’immagine sul lino si comporta
come un negativo fotografico. Abbiamo
riletto daccapo una gran mole di foto e i
risultati degli studiosi che ci hanno
preceduto.
E che idea vi siete
fatti della scena del crimine ?
Che ovviamente non esiste più.
Abbiamo indagato il crimine solo attraverso
l’impronta lasciata dal cadavere.
Pochino…
Molto. L’anatomia è stata
ricostruita dai dati morfologici offerti del
lino. Soprattutto il volto, ricco e
completo. Praticamente abbiamo assimilato
l’immagine della Sindone alla “maschera”
medico-legale abitualmente utilizzata per
descrivere le lesioni su un corpo, cadavere
o vivente.
E poi ?
Io e Alessandra Majorana abbiamo
reso l’impronta più leggibile per meglio
esaminarla medicalmente. Con software
per la gestione d’immagini, i più innovativi
disponibili, abbiamo invertito i chiari e
gli scuri, nonché l’orientamento
destra-sinistra. Poi, applicando le
metodiche utilizzate per rendere leggibili
la TAC, la tomografia computerizzata Cone
Beam, quindi la risonanza magnetica e altri
esami tridimensionali, abbiamo ottenuta una
completa diagnosi ortognatodontica, campo in
cui la sofisticazione e la precisione arriva
oggi sino al dettaglio più minuto.
Sembra CSI.
Può darsi… Ma è una metodica
scientifica, non cinematografica. E infatti
siamo riusciti a evidenziare dettagli che ci
hanno portato a misurazioni davvero
accurate.
Vorrebbe dirmi che
solo studiando un’immagine vecchia di secoli
su un telo usurato siete riusciti ad
analizzare il volto come fosse quello di un
cadavere in carne e ossa?
Di più. È stato come essere davanti
a un paziente da sottoporre a correzione
terapeutica di tipo ortodontico o
chirurgico.
Ponti, impianti
dentali, operazioni maxillo-facciali, cose
così ?…
Sì.
Rompo l’aplomb:
fantastico. Cosa le ha detto alla fine quel
volto setacciato in laboratorio?
Tante cose. Avendo per la prima
volta applicato metodiche scientifiche quali
la cefalometria cranica, che evidenzia le
alterazioni strutturali presenti nell’Uomo
della Sindone, i dati ottenuti sono:
asimmetria nelle bozze frontali,
zigomatiche; deviazione del setto nasale; e
asimmetria della mandibola con dislocazione
riferibili a traumi occorsi in un arco
temporale prossimo al decesso.
Botte violentissime…
Il volto che emerge è dovuto al
sangue versato, le cui tracce sono
riferibili a essudati e a un’impronta che
interessa un piccolissimo spessore della
tela.
Dunque ?…
Le metodologie oggi disponibili non
sono in grado né di riprodurre né di
spiegare quell’impronta che interessa solo
un piccolissimo spessore della tela.
Chi sia l’Uomo della
Sindone è l’oggetto di una controversia
antica, a volte pure veemente. La scienza
che dice ?
La scienza dice che si tratta
dell’impronta del cadavere di un uomo
veramente sottoposto ante mortem a
torture, flagellazioni e percosse,
incoronato di spine e alla fine crocefisso.
Questo ha determinato la morte di quell’uomo
con una corrispondenza totale ai racconti
dei Vangeli anche nella successione
temporale in cui le torture sono state
inferte, compresa la natura post mortem
del colpo di lancia nel costato (cfr. Gv
19, 33-34). Studi scientifici proprio del
marzo di quest’anno, coordinati dal prof.
Giulio Fanti ed elaborati dall’Università
degli Studi di Padova (che ha coordinato
ricerche svolte in collaborazione con altri
atenei), corredati da tre datazioni chimiche
e meccaniche, hanno portato a una nuova
datazione del lino: tra il 283 a.C. e il 217
d.C., arco di tempo compatibile con la vita
di Gesù in Palestina. Ma la modalità di
formazione dell’immagine resta un mistero
inestricabile.
Taccio. Anzi no: è
Gesù ?
L’uomo di fede non può rivolgere
alla scienza domande a cui la scienza non
può dare risposte.