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FIGLI E FIGLIE

 

Tutti gli uomini che saranno perduti, e ai quali resterà soltanto la speranza dell’onore, si augurino di avere una figlia.
Non un figlio, neutro, indifferentemente un lui o una lei.
Sperino sia femmina, e cioè una delle tantissime moderne Antigone, uniche depositarie dell’onoratezza della famiglia.
Come Marina, come Stefania. Donne alla guerra, armate di un amore furente e cieco, purissimo, indisposto ai compromessi nemmeno lessicali.
Marina Berlusconi, che non concedeva interviste e le si poteva puntare la pistola alla tempia, nel giro d’un mese ne rilascia due al Corriere della Sera, e nel momento in cui la famiglia si disfa.
Si schiera non con il padre, ma come scudo davanti a lui: «Ogni volta che lo chiamo per consolarlo, alla fine è lui che consola me. Come sanno fare solo i grandi uomini».

E’ una caccia all’uomo, dice Marina, e viene in mente Stefania Craxi, unico fondatore e presidente della Fondazione Bettino Craxi.
Ecco, Antigone, che sfidò la morte pur di concedere i riti funebri al fratello, e disse a Creonte: «I tuoi bandi io non credei che tanta forza avessero da far sí che le leggi dei Celesti, non scritte, ed incrollabili, potesse soverchiare un mortal: ché non adesso furon sancite, o ieri: eterne vivono».
Stefania scrisse un libro (Nella buona e nella cattiva sorte, edizioni Koiné) e lo introdusse con un brano della Storia della colonna infame: «... que’ magistrati... complici o ministri d’una moltitudine che accecata... violava con quelle grida i precetti più positivi della legge divina». «Io sono ancora innamorata», ha detto Stefania in un’intervista otto anni dopo la morte del padre.

Innamorata, eternamente e divinamente, oltre ogni legge umana alla quale spesso i maschi si inchinano timidi, per essere degni del consorzio civile e sfiorando il tradimento di sé.
E invece Chiara Moroni, figlia di Sergio, morto suicida negli anni folli di Tangentopoli, si alzò alla Camera e disse: «Io so benissimo perché sto in questo Parlamento: per ricordare ogni giorno il gesto di mio padre, che ha ritenuto di dover difendere la sua innocenza suicidandosi. Io sono orgogliosa e fiera di stare qui perché sono la figlia di Sergio Moroni, di stare qui per tenere in vita la sua memoria e il significato politico del suo messaggio... E io oggi qui continuo a rappresentarle, orgogliosamente, dopo aver fatto doverosamente i conti con gli errori. Lo considero un tributo alla memoria di mio padre».

A ogni padre dovrebbe toccare una figlia simile a Marina, la quale sta mettendo sottosopra la sede di via Sicilia a Roma della Mondadori: si ritaglierà un quartierino per stare più vicino al genitore.
O una figlia simile a Silvia Tortora, che dedicò la sua vita di ragazza al padre martoriato.
O simile a Chiara Gamberale, che diciassettenne scrisse Una vita sottile, romanzo impetuoso e delicato partorito mentre il padre Vito era in galera innocente.
E sono tante, c’è Antonia De Mita, una sentinella dell’integrità paterna, perché «è solo amore viscerale».
E nulla c’entra con l’onore, ma con la memoria sì, tutto questo mondo di ragazze, Giovanna Mezzogiorno che fa il film su Vittorio, Maria Fida Moro che organizza convegni su Aldo, Sabina Rossa e il libro su Guido e mille altre ancora.
E c’è il resto, c’è Silvia Tortora che rivendica i meriti di «un giornalista che ha creato le cose più straordinarie della storia della televisione pubblica italiana»;
Marina strasicura che Silvio «entrerà nei libri come il leader più longevo e amato nella storia della Repubblica»; Stefania fiera nella certezza che Bettino fosse venti anni avanti a chiunque e specialmente al Pci: «Non c’è un tema che calca l’attualità politica che lui non avesse anticipato».

Ma prima di tutto c’è «l’amore viscerale». «Nel rapporto con mio padre, lo sorte non mi è stata amica: il periodo in cui gli sono stata più vicino è stato quello dell’esilio ad Hammamet», scrisse Stefania Craxi.
Nel rigoroso ordine, «amore, dolore e rabbia erano il condimento della vita di ogni giorno».
Stefania vide morire il padre: lo chiama «il giorno orrendo».
«Fu allora che decisi di dedicarmi anima e corpo all’opera di restituire onore e meriti a mio padre». E come diceva un saggio, «quando avrai sete tuo figlio non ci sarà, tua figlia ti porgerà il bicchiere alle labbra»

 

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