La cerimonia di inaugurazione è avvenuta 19 gennaio
2015 a
Parigi, presso la sede dell'Unesco. Almeno mille i partecipanti
che daranno il via alle celebrazioni. Numerosissimi gli eventi
previsti in Italia, dove l'inaugurazione ufficiale dell'Anno
della Luce e' in programma il 26 gennaio a Torino, nella
cerimonia organizzata da Inrim, Societa' Italiana di Fisica e
Comune di Torino. Decine gli eventi in programma per tutto
l'anno in tutta Italia.
''La luce e le tecnologie basate sulla luce sono un incredibile,
splendido esempio di qualcosa che pervade l'intera esistenza
umana sotto gli aspetti più diversi, dalla conoscenza della
natura all'arte'', osserva il presidente dell'Istituto Nazionale
di Ricerca in Metrologia (Inrim), Massimo Inguscio. ''Per secoli
- prosegue - cercare di comprendere la natura della luce è stata
una delle sfide più grandi per la conoscenza''.
Basti pensare al dibattito sulla natura della luce, come onda o
particella, che per un lunghissimo tempo ha impegnato i fisici
di tutto il mondo, e poi alle equazioni di Maxwell che hanno
aperto la via alla conoscenza di elettricità e magnetismo.
Studiare il comportamento delle particelle di luce (fotoni),
dice ancora Inguscio, ha aperto la strada alla fotonica, la
tecnologia del futuro, destinata ad avere ricadute sempre piu'
importanti sulle tecnologie alla base di smartphone, tablet e
computer.
''Capire che cos'è la luce è sempre andato di pari passo con la
comprensione delle leggi della natura: è con la luce che si
conoscono le cose'', rileva. Per esempio, la luce delle stelle
più lontane racconta com'era l'universo primitivo ed è anche il
mezzo che rende possibile trasferire informazioni in modo
velocissimo: ''internet e le telefonate viaggiano con la luce''.
Lo studio della luce ha anche portato ad inventare il laser e
più recentemente i Led. La luce del Sole è anche una fonte di
energia e nel cuore della nostra stella si nasconde anche il
segreto della fusione nucleare
permea molti aspetti della nostra vita quotidiana. E’ così pervasiva
nella società che la sua presenza, specie se comparata al mondo antico, passa
ormai inosservata. Eppure, la sua influenza sulle nostre vite è molto più grande
ed il suo uso considerevolmente più complesso.
Oggi come
nell’antichità, la luce assolve alla principale funzione di illuminare gli spazi
bui. Ma ha anche ricoperto un ruolo simbolico. Prendiamo, per esempio, la
pratica senza tempo di accendere una candela o una lampada in memoria dei nostri
cari. Nei tempi antichi, le persone lasciavano le lampade votive dentro le
tombe, ma ancora oggi, in giro per il mondo, si svolgono pratiche simili.
Gli archeologi
non sono in grado di scavare la luce del passato, ma possono bene recuperare gli
oggetti che la ospitavano, la controllavano e la sostenevano. In antichità, gli
strumenti principali per i propositi d’illuminazione di tutti i giorni erano
lampade a olio, lanterne, torce, candele e lampade appese. Tra questi strumenti,
le lampade d’argilla ad olio sarebbero divenute gli strumenti più popolari per
soddisfare la necessità di illuminazione dei popoli antichi. Erano relativamente
facili da produrre, non costose e agevolmente trasportabili.
In
Siria-Palestina ed in Arabia si diffuse una vibrante “cultura della lampada”
nell’antichità. Ciò è evidenziato dalla significativa quantità di differenti
tipi di lampade di manifattura locale trovate in siti archeologici attraverso la
regione. Immagini di lampade si trovavano riprodotte su mosaici e piccoli
oggetti (monete, sigilli, lampade e contenitori di vetro) e la tradizione
letteraria cita l’uso di lampade nei testi religiosi, rappresentando ulteriori
esempi della diffusione di questi utensili. Data l’importanza della luce nei
costumi religiosi dei luoghi ove hanno avuto origine le tre fedi che annoverano
Abramo tra i patriarchi, non c’è da stupirsi che le lampade ricorrano di
continuo nella parola, nell’immagine e nel simbolismo religioso.
Ogni contenitore
in grado di trasportare carburante e di supportare uno stoppino poteva servire
come lampada. Già attorno a 18,000 anni or sono, nel corso dell’Era
Epipaleolitica, i gusci delle conchiglie e le coppe incise nella pietra venivano
utilizzate allo scopo. Per la tarda antichità, migliaia di anni più tardi, le
lampade ad olio sarebbero divenute molto più sofisticate nel design, e sarebbero
state prodotti utilizzando una varietà di materiali: erano modellate nella
creta, scolpite nel vetro, cesellate nel metallo, o dalla pietra. La loro
popolarità attraverso il mondo Mediterraneo può essere spiegata in parte dalla
diffusa disponibilità dell’olio di oliva – considerato uno dei migliori
carburanti per illuminazione –in zone in cui le olive erano coltivate in
abbondanza e prosperava una forte economia dell’olio di oliva.
I ritrovamenti di
antiche lampade si sono avuti su un ampio raggio, in antiche miniere, ville,
grotte, templi, cisterne, installazioni miliari, chiese, e perfino navi da
trasporto sul fondo del mare. Uno dei più significativi depositi di lampade, del
Nord Est, per esempio, è stato trovato presso il Tempio di Apollo a Tiro, in
Libano. Molte delle 88 lampade recuperate al complesso si datano al periodo
romano. Altri importanti siti di ritrovamenti includono la bottega presso
l’ippodromo a Jearsh, sul Giordano, una sala che conteneva numerose lampade con
immagini erotiche ad Ashkeoln, Israele, ed una cisterna nel quartiere
residenziale a Sepphoris nella Bassa Galilea.
Forse non
impressionanti per dimensione come un busto di marmo che raffigura un
imperatore romano, o un mosaico istoriato su un pavimento, le lampade d’argilla
sono sorprendentemente ricche di informazioni. Come le antiche anfore ed i
comuni oggetti di ceramica, la forma ed altre caratteristiche macroscopiche
della lampada, come il colore, la grana e le decorazioni, sono generalmente
specifiche del periodo cronologico. Per questa caratteristica, le lampade sono
utili agli archeologi per datare gli strati archeologici per generazioni. Le
fattezze macroscopiche delle lampade d’argilla tendono anche a riflettere gli
stili specifici alle regioni di appartenenza; così, tramite la mappatura della
distribuzione dei differenti tipi di lampade recuperate nei siti archeologici,
si evincono i percorsi commerciali e le oscillazioni demografiche, oltre che i
collegamenti stabilitisi tra le differenti regioni.
In termini di
arte antica, le lampade d’argilla rappresentano alcune delle più interessanti
espressioni della creatività dei popoli. Per esempio, le immagini di vari
oggetti di uso quotidiano nella vita rurale sono ritratti sulle lampade
modellate in Giudea – orecchini, pettini, anfore, calici, frutta, gabbie per
uccelli e canestri – che riflettono in modo significativo l’arte popolare
giudea. Anche riferite alle lampade “Darom” (l’ebreo per “sud”), esemplari di
questo primo gruppo del periodo romano sono scoperte in termini più comuni ai
siti in Giudea, e negli anni recenti con maggiore frequenza nei siti della
Galilea, come Sepphoris e Iblin.
Le lampade
d’argilla aiutano gli archeologi a ricostruire le attività quotidiane
all’interno di una stanza o di un corridoio di rovine altrimenti vuote. Per
esempio, a Bet Guvrin/ Beit Jibrin a sud-ovest di Gerusalemme, sono state
recuperate nel sacellum, o camera del tempio dell’anfiteatro, circa cento
lampade e numerosi frammenti.
Il fatto che le
lampade siano state trovate in associazione con due altari indica che potrebbero
avere avuto un ruolo rituale tra i gladiatori. Similmente, un deposito di 31
lampade d’argilla è stato dissotterrato attorno all’altare all’interno del
Mithraeum, o centro di culto Mitraico, a Cesarea Marittima /Qaisariye; la
scoperta accentua ulteriormente il significato della luce in questo misterioso
culto romano incentrato attorno al dio del sole Mitra.
Nella Tarda
Antichità, le lampade ad olio erano usate come mezzo per esprimere e per far
circolare il pensiero religioso. I passaggi greci legati alle liturgie associate
alle specifiche chiese cristiane, come la Chiesa di Santa Maria di Nazareth, per
esempio, ricorrono su antiche lampade Bizantine popolari nell’area di
Gerusalemme. Iscrizioni kufi su antiche lampade islamiche inneggiano alla
grandezza di Allah. Lampade di ceramica diffondono inoltre i simboli religiosi:
lampade che ritraggono divinità pagane, menorah ebraiche, e croci cristiane sono
ampiamente riprodotte e distribuite dai laboratori dei ceramisti in Nord Africa,
Grecia,
Egitto, Cipro e Siria-Palestina.
Il ricorrere di
tali lampade aiuta gli archeologi ad identificare la presenza di gruppi
religiosi ad ogni sito dato, ed in alcuni contesti archeologici rappresenta
l’unico tipo di reperto ad offrire simili informazioni. Ad esempio, i
portacandele con immagini della croce recuperarti in tombe scavate nella roccia
a Tel el-Fui a nord di Gerusalemme. Poiché le lampade decorate con la croce – un
simbolo di chiara matrice cristiana – si sarebbero certo riferite ad una
clientela cristiana, la scoperta di un’ampia quantità di esse scoperte in un
complesso funerario come quello di Tel el-Fui indica che vi fossero
seppellimenti cristiani al sito, e così, la presenza di una comunità cristiana
da qualche parte nelle vicinanze del sito nel IV e V secolo d.C.
All’inizio degli
anni ’80, l’analisi scientifica della produzione di lampade d’argilla ha offerto
agli scolari una grande quantità d’informazioni come le tecniche adottate dai
ceramisti per produrre le lampade, i tipi selezionati di argilla, e le origini
delle lampade d’argilla. Un metodo è l’analisi petrografica di sottilissime
porzioni di argilla, che usa il microscopio polarizzatore per identificare i
costituenti dell’argilla. Inclusioni diagnostiche preservate nel materiale dei
cocci di argilla, come frammenti di roccia basaltica o minerali geologicamente
unici per una data regione, possono indicare l’aggiunta di tempra da parte del
ceramista. La petrografia aiuta inoltre a rintracciare le variazioni tra i
materiali, utile per raggruppare i tipi di reperti: per esempio, mostra che
differenti sorgenti di argilla utilizzate per la manifattura di diverse lampade
del tipo di Beit Nattif, a suggerire così la differente officina di provenienza.
La spettrometria
di emissioni plasma-ottiche (dcp-oes) e analisi di attivazione dei neuroni (naa)
sono metodi scientifici addizionali piuttosto usati nel determinare la
composizione chimica delle lampade. Facendo corrispondere la composizione delle
lampade con i materiali di riferimento prelevati a campione da località note,
come i depositi di argilla e ceramica associati con le antiche botteghe dei
ceramisti, gli archeologi sono in grado di determinare l’origine di uno
specifico gruppo di lampade. Per esempio, i risultati del naa hanno identificato
l’area di Gerusalemme come centro di produzione per il tipo di lampada
“Erodiano” del primo periodo romano, mentre l’analisi al dcp ha suggerito che
almeno due depositi di argilla furono svuotati per le manifatture
dell’universalmente nota lampada a disco Siro-Palestinese.
In tempi recenti,
la lampada d’argilla ha ottenuto superiori riconoscimenti tra gli studiosi,
poiché la sua valenza informativa è stata più ampiamente compresa. Con il
finanziamento dello scorso anno dell’Association Lychnologique Internationale
(la radice “Lychn” proviene dal greco lukhnos che significa “lampada”) al Museo
romano di Nyon, Svizzera, lo studio dell’antica illuminazione – e la nicchia
unica e importante della lampada nella società quotidiana – garantiranno nuova
luce nel prossimo secolo sul mondo della ricerca archeologica.